Mal di schiena, lombalgia, dolore lombare, o, se vogliamo essere à la page, lower back pain: sono tutte espressioni che indicano un male comune. Talmente comune da essere la seconda causa di consulenza medica dopo il mal di gola, il nemico pubblico numero 1. Talmente diffuso da giustificare il 40% delle assenze dal lavoro. In questo articolo impareremo a conoscere meglio cosa si intende per lombalgia, come prevenirla e i rimedi (dalla fisioterapia agli esercizi per la schiena).
Di cosa parliamo quando parliamo di lombalgia?
Partiamo dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
La lombalgia è una costellazione di sintomi che solitamente vengono descritti come acuti e reversibili. In questa descrizione ci colpiscono diverse cose, oltre alle velleità poetiche dell’OMS. Innanzitutto è interessante notare che la lombalgia non viene definita come una malattia ma come un insieme di sintomi. Non un sintomo univoco, definito bensì una costellazione. Questo è il primo punto che ci fa già capire la complessità del fenomeno.
I sintomi poi sono acuti e reversibili, caratteristiche proprie della lombalgia più diffusa, il nostro nemico numero due. Quando i sintomi si presentano sono in forma acuta, inizialmente: alzi la mano chi non ha mai provato il cosiddetto colpo della strega, quel dolore a volte lancinante che si irradia dalla fascia lombare e che ci impedisce perfino di camminare. Quando il dolore si diffonde lungo gli arti inferiori fino ai piedi, si parla di lombo sciatalgia.
La buona notizia confermata anche dall’OMS è che il dolore è si acuto ma reversibile ovvero si affievolisce gradualmente per poi scomparire nel giro di circa 30 giorni.
Forma acuta
Abbiamo appena descritto la forma più comune di lombalgia, quella acuta, appunto. E’ caratterizzata da:
- dolore;
- lesione (muscolare, legamentosa, articolare e/o discale);
- fenomeni infiammatori.
Spendiamo due parole sull’ultima voce dell’elenco per sfatare un mito negativo. Quando sentiamo parlare di infiammazione scatta subito in noi un campanello d’allarme, scendiamo sul sentiero di guerra. Oggi noi vogliamo dirvi che i processi infiammatori vengono in pace, sono nostri amici, in un certo senso e vengono messi in atto per far si che il nostro fisico reagisca dando il via al processo di guarigione.
Dopo la fase infiammatoria il decorso del dolore lombare acuto prevede un recupero nel giro di circa 30 giorni. Ça va sans dire che la guarigione non avviene da sola, come per magia ma dobbiamo mettere in atto una serie di accorgimenti che riguardano la terapia in senso stretto ma anche, e soprattutto, il nostro stile di vita. Li vedremo dopo.
Forma cronica
Quando però non facciamo nulla per migliorare la situazione, non attuiamo nessuno di quegli accorgimenti citati sopra e il dolore perdura un mese, due, tre ecco che la forma da acuta diventa cronica.
Quando una situazione si cronicizza significa che dura nel tempo diventando parte di noi con l’instaurarsi di un nuovo equilibrio, seppur negativo. Certo oggi con le varie terapie possiamo recuperare una situazione fisiologica ma qualcosa di patologico rimane sempre.
Se, come molti, soffriamo di mal di schiena il nostro obiettivo sarà quello di evitare il cronicizzarsi della condizione.
I fattori di rischio
Analizziamo ora i principali fattori di rischio che incidono sulla trasformazione della lombalgia da acuta a cronica. Possiamo suddividere tali fattori in fisici e psichici/sociali.
Tra i primi troviamo:
- pregressa lombalgia;
- basso livello di attività fisica;
- sovrappeso;
- fumo.
Comunemente ci concentriamo sempre sui fattori fisici dando per scontato che se soffriamo di mal di schiena la causa sia da ricercare in una frattura, un danno tissutale o uno strappo muscolare. Ma non sempre è così.
Infatti una parte importante dei fattori di rischio è di ordine psicologico e sociale. Un fattore su tutti, lo stress che spesso viene somatizzato nella zona lombare e cervicale. Pensiamo a quante volte “arricciamo” le spalle, contraendole mentre reagiamo alle tensioni, al nervosismo. Moltiplichiamo questa situazione più volte al giorno, tutti i giorni e capiamo l’impatto dei fattori psicologici sulla nostra schiena.
Solo il 20% delle lombalgie sono causate da un problema specifico della colonna vertebrale. Il restante 80% è invece originato da fattori non specifici come posture e movimenti scorretti, stress, forma fisica scadente ed eccesso di peso.
Lombalgia: conosciamola meglio
Sintomi
Dolore e rigidità i sono i comuni denominatori. Il dolore può essere posizionato diversamente, più a destra, a sinistra, in alto o in basso, ma sempre nella fascia lombosacrale.
Il dolore può presentarsi in modo continuo o intermittente e manifestarsi con maggiore frequenza di giorno o di notte. Può essere percepito maggiormente dopo aver eseguito sforzi fisici o piccoli movimenti.
Le conseguenze del dolore sono comunque la difficoltà a muoversi e a mantenere certe posizioni: non riusciamo più a salire le scale, a stare seduti per lavorare o guidare. Il mal di schiena diventa invalidante e ci impedisce di vivere la nostra vita di tutti i giorni.
Diagnosi
Il termine costellazione, che l’OMS utilizza nella sua definizione di lombalgia, rende bene l’idea della complessità e della granularità delle cause. Il mal di schiena localizzato nella zona lombare è un disturbo multifattoriale come abbiamo già evidenziato. La letteratura scientifica ha identificato oltre 800 differenti fattori scatenanti del mal di schiena e, anche raggruppando tali fattori a seconda delle caratteristiche comuni, ci ritroviamo con almeno 30 possibili cause.
Da questo si evince la difficoltà per i medici di compilare la diagnosi e dunque di intraprendere la terapia corretta.
Nel 2001 uno studio ha cercato di razionalizzare lo scenario classificando le possibili diagnosi in tre grandi gruppi. Tralasciamo quello che riguarda le problematiche viscerali ( patologie renali, aneurisma, endometriosi…) e concentriamoci sugli altri due gruppi che suddividono le prognosi in base a problemi meccanici e non meccanici.
Il primo gruppo la fa da padrone perché ad esso si può ricondurre il 97% delle lombalgie mentre solo l’1% è causato da problemi non meccanici ( tumori, infezioni, infiammazioni di tipo reumatico).Se poi esaminiamo le diagnosi incentrate sui problemi meccanici ci imbattiamo in un’altra sorprendente scoperta: solo il 4% delle prognosi è riconducibile all’ernia del disco, una patologia che sembra essere molto più diffusa secondo le credenze popolari e non solo.
Il semplice rigonfiamento a livello vertebrale che si osserva in alcune risonanze non è ernia discale ma protrusione (l’anello fibroso del disco si deforma sotto la spinta del nucleo polposo). Si parla di ernia del disco quando avviene l’espulsione completa del nucleo polposo contenuto all’interno del disco intervertebrale.
Trattandosi del 4% sulla totalità dei casi si tratta quindi di una patologia non così frequente. Ma allora a cosa sono ascrivibili la maggior parte delle diagnosi meccaniche?
Il 70% dei casi di lombalgia è dovuto a problemi di tipo muscolo scheletrico come il sovraccarico o lo stiramento della schiena.
Nell’illustrazione: ernia del disco con espulsione del nucleo. Diversa dalla semplice protrusione discale.
Quando eseguire esami diagnostici?
Diagnosticare una lombalgia dunque è complesso perché la struttura della schiena è articolata inoltre la percezione del dolore cambia da soggetto a soggetto e le cause all’origine del mal di schiena sono fortemente soggettive.Cosa fare allora? A questo punto dobbiamo sfatare un altro mito: per fare chiarezza non dobbiamo necessariamente affidarci a un esame diagnostico (radiografia, TAC, risonanza magnetica ). Prima dobbiamo capire insieme al medico se c’è effettivamente questa necessità ovvero se siamo in presenza di quelli che potremmo definire red flags, segnali precisi che indicano altre patologie come causa della lombalgia. Se questi segnali non si presentano nelle prime quattro settimane non c’è bisogno di eseguire approfondimenti diagnostici.
I red flags
Di seguito elenchiamo quei sintomi che fungono da bandierine di segnalazione per il nostro organismo, indicando la possibile presenza di altre patologie significative:
- cambiamenti intestinali improvvisi o difficoltà del controllo vescicale con associato torpore della zona inguinale;
- infezione: febbre prolungata, sistema immunitario debole;
- fratture associate ad un forte dolore subito dopo un incidente stradale o una caduta, oppure in presenza di osteoporosi;
- calo ponderale improvviso: diagnosi di tumore alla prostata, al seno e polmoni con un dolore costante da settimane anche in posizione distesa oppure una perdita di peso importante in poco tempo;
- infiammazione reumatica e spondilite anchilosante: dolore e rigidità mattutina già in età giovanile (15-35 anni) che migliora con il movimento.
Se non si presentano questi segnali non occorre approfondire con esami diagnostici nelle prime quattro settimane. Anche perché ricordiamo che nella stragrande maggioranza dei casi la lombalgia è data da problematiche muscolo scheletriche e quindi va trattata a livello di sintomatologia.Non esponiamoci dunque inutilmente a radiazioni. Forse non ci soffermiamo su questo aspetto perché gli esami radiologici sono ormai entrati nella nostra routine, basti pensare che solo in Italia si effettuano ogni anno oltre 40 milioni di analisi radiologiche.
Come prevenire e curare la lombalgia
Abbiamo preso la nostra dose giornaliera di antinfiammatori, ci siamo messi a letto circondati da cuscini e con un buon libro a farci compagnia e il dolore alla fine è passato. Siamo convinti che la nostra sia stata una strategia vincente ma non è così.
Antinfiammatorio e riposo non sono la cura. Certo, durante la fase acuta, dobbiamo correre ai ripari in qualche modo e attenuare il dolore che altrimenti impedirebbe di muoverci: è al movimento che dobbiamo mirare e non al riposo assoluto.
Noi siamo nati per muoverci e quindi dobbiamo tornare a farlo appena possibile. Rimaniamo a letto se proprio non riusciamo a fare altro ma alziamoci non appena stiamo meglio.
Sappiamo che la lombalgia può essere davvero debilitante e quindi si agli antinfiammatori ma solo nella fase acuta, non abusiamo di questi farmaci che, tra le altre cose, sono particolarmente dannosi per il nostro stomaco.
Inoltre eliminare il dolore non è poi così salutare, ci spieghiamo meglio: abbiamo sottolineato più sopra come le sensazioni dolorose siano i nostri primi campanelli d’allarme insieme ai fenomeni infiammatori, ci servono per capire che qualcosa non va. Se eliminiamo del tutto questi alert rischiamo di provocare ulteriori danni alla zona lombare perché riprendiamo, ignari, le attività di sempre senza prendere i dovuti accorgimenti.
Quindi si agli antinfiammatori ma con cautela e non consideriamoli la Cura ma solo un mezzo per tornare a fare attività fisica.
Con ‘attività fisica’ si intende qualsiasi forma di movimento mentre con ‘esercizio fisico’ indichiamo un modo di muoversi più strutturato, eseguito per fini specifici. Nella maggior parte dei casi (quel 97%…) la vera e propria cura per la lombalgia è l’attività fisica. E’ l’unico rimedio riconosciuto dalla letteratura medica, l’unica cura scientificamente dimostrata.
Ci sono innumerevoli altri tipi di trattamento, da quelli manuali come i massaggi miorilassanti, alle terapie strumentali (laser, tecar), dalla ginnastica posturale all’agopuntura. Ma nessuno di questi percorsi terapeutici è stato validato scientificamente.
Alla domanda “Qual’è la cura efficace contro la lombalgia?” la risposta è una ed è universalmente riconosciuta: l’attività fisica.
Ma come farla se ci stiamo riprendendo da un episodio acuto di lombalgia? non possiamo certo buttarci a capofitto e fare come se niente fosse o tornare a praticare le attività di prima. Se siamo maratoneti, ad esempio, non potremo pensare di tornare a correre su lunghe distanze.
Dobbiamo assumere un approccio soft, ricominciando gradualmente a praticare attività fisica. Buona norma è partire con esercizi di allungamento e rilassamento della fascia lombare, esercizi di stretching.
Tra le attività consigliate: ginnastica posturale, yoga e thai-chi, indicate per ritrovare la mobilità. Nella bella stagione possiamo optare per le camminate all’aperto oppure per la bicicletta. In una seconda fase possiamo affiancare esercizi mirati a quella che era la nostra attività sportiva: lo scopo è tornare a praticarla ma non possiamo illuderci di ricominciare a fare attività fisica partendo da quella. La cosa importante, ancora prima di iniziare a muoversi, è quella di non arrendersi ma perseverare tenendo sempre in mente che nel 90% dei casi il mal di schiena regredisce entro 30 giorni dalla sua comparsa.Questa è la buona notizia, quella cattiva è che se non eliminiamo i fattori di rischio che ci predispongono alla lombalgia, questa si ripresenterà nel giro di pochi mesi e il ciclico ripresentarsi sfocerà poi in una situazione cronica. Quindi non possiamo mai mollare la presa!
La prevenzione in questo caso è fondamentale per tenere alla larga la lombalgia il più a lungo possibile. A volte basta veramente poco per prevenire il mal di schiena. Nella maggior parte dei casi sono sufficienti 10 minuti di esercizi al giorno per migliorare significativamente la salute della propria colonna vertebrale. Altre volte la semplice eliminazione dei fattori di rischio (obesità, stress, fumo, postura scorretta) consente di risolvere il problema alla radice o quanto meno di rallentare la sua ricomparsa.
La prevenzione comporta dunque l’assunzione di uno stile di vita sano, wellness. E’ molto più difficile modificare le proprie abitudini di vita che assumere un antinfiammatorio ma i benefici a lungo termine ci daranno ragione.